I mercati si mettono al passo con le banche centrali

CPI USA

L’inflazione dovrebbe salire al 3,7% e quella core al 4,3%. Un aumento superiore alle attese implicherebbe probabilmente un altro rialzo dei tassi a novembre

12.10

VENDITE RETAIL USA

I consumi statunitensi subiranno un calo a causa dei tassi sempre più alti e della ripresa dei rimborsi dei prestiti agli studenti?

17.10

PIL CINESE

L’economia cinese dovrebbe crescere del 4,5% rispetto all’anno scorso, un dato molto deludente rispetto alle aspettative post l’abolizione delle restrizioni covid.

18.10

CPI UK

Grazie all’effetto base favorevole, l’inflazione nel Regno Unito potrebbe raffreddarsi abbastanza da consentire alla BoE di non inasprire ulteriormente le misure.

18.10

  • I mercati finanziari stanno iniziando ad accettare la realtà che i tassi d‘interesse potrebbero rimanere a livelli elevati per un periodo prolungato. Questo è in linea con le indicazioni, consolidate ormai da tempo, delle banche centrali.
  • L’aumento dei tassi è stato notevole, non solo in termini di tassi nominali, ma anche di tassi reali, che sono aumentati di circa 150 punti base da metà luglio.
  • Il calo subìto dai Treasury negli ultimi tre anni è senza precedenti ed offre un’opportunità di investimento sempre più interessante, anche se nel breve termine è necessaria una certa cautela per evitare di afferrare il coltello che cade (in gergo finanziario «catching a falling knife»).

Nel precedente report abbiamo riportato come le banche centrali occidentali, nelle loro riunioni di settembre, abbiano fatto tutto il possibile per ribadire ed enfatizzare il messaggio che i tassi d’interesse sarebbero rimasti elevati per un lungo periodo di tempo.

Sembra che ultimamente il mercato si stia finalmente rassegnando ad accettare questo destino, dopo che per oltre due anni ha combattuto le banche centrali, ipotizzando ostinatamente tagli dei tassi imminenti e consistenti, con il risultato che le curve sono rimaste profondamente invertite a lungo.

L’aumento dei tassi a lungo termine, già in corso da luglio, ha subìto una brusca accelerazione dopo che la Fed ha alzato di 50 punti base le sue proiezioni sui tassi per il 2024 e 2025 e Powell ha dichiarato durante la conference call che i tassi neutrali potrebbero essere più alti di quanto stimato in precedenza.

Fonte: Bloomberg
Fonte: Bloomberg

Queste osservazioni delle banche centrali, la rottura di alcune resistenze tecniche sui tassi d’interesse e la presenza di eccessive posizioni lunghe da parte di investitori real money*, che si sono affrettati ad allungare la durata dei portafogli per bloccare tassi che non si vedevano da oltre un decennio e/o per proteggere i portafogli in caso di recessione (che, tra l’altro, finora non si è materializzata), hanno portato, nelle ultime settimane, alla brusca accelerazione dei tassi, probabilmente anche a causa della chiusura di alcune di queste posizioni lunghe che stavano solo generando profonde perdite.

Di conseguenza, all’inizio di ottobre il trentennale statunitense ha toccato per la prima volta il 5% dal 2007, quando solo a metà luglio era ancora al 3,8%, un aumento notevole in un periodo di tempo così breve.

Considerando che la parte breve della curva è rimasta sostanzialmente invariata, poiché il ciclo di rialzo sta per terminare, l’aumento dei tassi a lungo termine implica che la curva statunitense sta per dis-invertirsi.

Tuttavia, un’eventuale inversione della curva non deve essere interpretata come un segnale di recessione scongiurata. Infatti, storicamente, l’inversione della curva dei rendimenti ha sempre preceduto le recessioni.

Tuttavia, è importante notare che quando la recessione si verifica effettivamente, la curva dei rendimenti spesso ritorna al suo stato normale, o si «dis-inverte».

Ancora più notevole del movimento dei tassi nominali è stato il movimento dei tassi d’interesse reali. L’aumento dei tassi reali a 10 anni è stato di circa 150 punti base in soli tre mesi, dall’1% circa di luglio al 2,5% attuale. Escludendo tre brevi picchi tra il 2006 e il 2008, i tassi reali sono attualmente al livello più alto dal 2002 e ben al di sopra dei livelli vigenti quando le banche centrali hanno attuato i loro esperimenti monetari (tassi di interesse a zero o sotto zero, QE) negli ultimi 15 anni.

Indicazioni analoghe emergono se si considera il «term premium», ossia il compenso richiesto dagli investitori per sopportare il rischio di detenere obbligazioni con scadenze più lunghe, poiché maggiore è la durata, maggiore è la volatilità (rischiosità) delle obbligazioni. In teoria, il rendimento di un’obbligazione a lungo termine dovrebbe essere superiore a quello delle obbligazioni a breve termine proprio per compensare questa rischiosità aggiuntiva. Negli ultimi 10 anni, il premio a termine è stato quasi sempre nullo o negativo.

Questo si spiega con il fatto che, in un mondo di tassi a zero o sotto zero, gli investitori hanno dovuto rassegnarsi ad accettare un compenso meno che equo per la detenzione di obbligazioni a lungo termine. Con la normalizzazione dei tassi d’interesse, gli investitori hanno nuovamente l’opportunità di parcheggiare il proprio denaro in obbligazioni a breve scadenza, che non presentano alcuna volatilità e offrono rendimenti interessanti. Di conseguenza, è ragionevole aspettarsi che il «term premium» possa continuare a salire fino a quando le estremità lunghe delle curve non inizieranno ad offrire rendimenti sufficientemente più elevati di quelle corte.

Fonte: Bloomberg
Fonte: Bloomberg
Fonte: Bank of America

Considerando che il «term premium» è appena tornato in territorio positivo, ma che siamo ancora ben al di sotto dei livelli vigenti prima dell’attuazione dei QE, è probabile che il recente rialzo dei tassi a lungo termine abbia ancora spazio per estendersi. Per questo motivo, potrebbe essere ancora troppo presto per accumulare in modo aggressivo sulle estremità lunghe delle curve, anche se l’indice dei Treasury lunghi (quelli con scadenza a 10 anni o più) ha già perso quasi il 50% dai suoi massimi (grafico in alto a sinistra), un calo di portata record.

Anche se, da un lato, data la forza dell’attuale sell-off, è necessaria una certa cautela per evitare di «afferrare il coltello che cade», è anche importante riconoscere che l’entità del calo dei Treasury a lungo termine presenta un’opportunità di investimento sempre più interessante. Ciò è particolarmente degno di nota poiché, in oltre 200 anni di storia, i Treasury non hanno mai registrato tre anni consecutivi di ribasso, come stanno facendo ora.

Inoltre, va considerato che quanto più alto è il livello raggiunto dai tassi di interesse a lungo termine, tanto maggiore è la possibilità che i titoli di Stato lunghi fungano da copertura del portafoglio in caso di shock avversi. Tali shock potrebbero includere un ulteriore deterioramento delle tensioni geopolitiche (come il recente scoppio del conflitto in Israele) e/o un rallentamento o una recessione.

Asset Allocation View

Equity

Developed Markets

Emerging Markets

Fixed Income

Developed Markets Sovereign

Developed Markets Corporate

Emerging Markets

Commodities

Currencies

Segue commento

under

neutral

over

Equity

Developed Markets

View mantenuta in leggero sottopeso. Da un lato, l’aumento dei tassi di interesse nominali e reali, l’acuirsi delle tensioni geopolitiche e le valutazioni elevate suggeriscono di mantenere un approccio cauto. D’altro canto, la solidità del mercato del lavoro negli Stati Uniti potrebbe consentire all’economia di continuare a crescere a un ritmo sostenuto e le recenti correzioni hanno portato a valutazioni più interessanti in alcuni segmenti del mercato azionario

US

Europe

Japan

Emerging Markets

View mantenuta in leggero sottopeso. L’attacco a Israele sarà inevitabilmente seguìto da una fase di crescente avversione al rischio nei confronti dei paesi emergenti a causa dei timori di una potenziale escalation del conflitto. A questa preoccupazione si aggiunge lo stress indotto dal significativo aumento dei tassi d’interesse nominali e reali nei paesi occidentali, che di solito ha un effetto di ricaduta negativa sulle azioni dei mercati emergenti. Di conseguenza, la cautela rimane consigliabile, nonostante le valutazioni favorevoli che persistono.

Asia Ex-Japan

EEMEA

LATAM

Fixed Income

Developed Markets Sovereign

View mantenuta neutrale. Dopo il significativo aumento dei tassi d’interesse negli ultimi tre mesi, si consiglia a coloro che sono ancora significativamente sottopesati in termini di duration di approfittare della recente impennata dei tassi per ridurre la sotto-ponderazione. Al momento la preferenza rimane per le estremità brevi e medie delle curve, mentre è possibile un ulteriore ribasso sulle estremità lunghe. Poiché si prevede che la BCE abbia concluso il suo rialzo dei tassi, il comitato ha una preferenza per le obbligazioni core dell’UE.

EU Core

EU Periphery

US Treasury

Japanese JGB

Developed Markets Corporate

View mantenuta in leggero sottopeso. Il comitato ritiene che gli spread delle obbligazioni investment grade e high yield si siano eccessivamente ristretti, soprattutto in caso di rallentamento o recessione. Continuiamo a preferire le obbligazioni corporate investment grade a quelle high yield.

IG Europe

IG US

HY Europe

HY US

Emerging Markets

View abbassata a leggero sottopeso. L’effetto combinato di tassi nominali
e reali sempre più elevati nei Paesi occidentali, del rafforzamento del
dollaro e di una nuova recrudescenza delle tensioni geopolitiche dopo
l’attacco a Israele potrebbe rendere l’asset class vulnerabile alla
correzione.

Local Currency

Hard Currency IG

Hard Currency HY

Commodities

View alzata a leggero sovrapeso. I metalli preziosi potrebbero apprezzarsi nel breve periodo grazie alla loro funzione di copertura del portafoglio in caso di tensioni geopolitiche. Inoltre, la correzione subìta nelle ultime settimane, a causa dell’aumento dei tassi, ha fornito un interessante punto di ingresso. Il petrolio dovrebbe trarne vantaggio per le stesse ragioni. Il comitato è invece più cauto sulle altre materie prime.

Precious

Energy

Industrial

Agricultural

Currencies

Dollaro USA: view mantenuta neutrale. Dopo il costante rafforzamento degli ultimi tre mesi, il dollaro potrebbe essere vulnerabile almeno ad un ritracciamento di breve termine. Tuttavia, un ulteriore aumento delle tensioni geopolitiche potrebbe portare ad un ulteriore apprezzamento del dollaro, come spesso accade nelle fasi di maggiore avversione al rischio.

Euro: view mantenuta neutrale. Salvo sviluppi imprevisti, nel breve termine non dovrebbero esserci particolari catalizzatori che possano portare ad un significativo rafforzamento o indebolimento dell’euro

Renminbi cinese: view mantenuta neutrale con un bias ribassista. La Cina continua a soffrire della mancanza di catalizzatori positivi, pertanto è possibile che l’indebolimento dello yuan si prolunghi ulteriormente.

Valute emergenti: view mantenuta neutrale sulla maggior parte delle valute emergenti con un bias ribassista, dato che il forte aumento dei tassi d’interesse nominali e reali nei paesi occidentali potrebbe mettere sotto pressione le valute dei mercati emergenti. Continuiamo a essere relativamente più ottimisti sulle valute dell’America Latina.

Euro

USD

CNY

Other EM

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