Buone notizie: siamo in un campo minato

INFLAZIONE US

Nonostante un ulteriore calo delle materie prime, l’inflazione statunitense dovrebbe rimanere al di sopra dell’8% a/a.

13.10

VENDITE RETAIL US

Il consumatore americano continuerà a spendere nonostante la contrazione del potere d’acquisto dei salari?

14.10

EUROZONA ZEW

La crisi energetica dell’Europa potrebbe spingere l’indice di fiducia ZEW a superare i minimi storici.

18.10

INFLAZIONE UK

Una lettura più alta del previsto potrebbe costringere la BoE ad annunciare un rialzo dei tassi, tenendo conto del piano fiscale del nuovo governo.

19.10

  • Dopo le turbolenze create dal piano fiscale del governo Truss, la Banca d’Inghilterra è dovuta intervenire con un QE per evitare il crollo dei fondi pensione britannici.
  • Credit Suisse è entrata nella lista dei rischi sistemici, con i CDS saliti a livelli superiori a quelli del 2008, scatenando timori sulla sua effettiva salute finanziaria.
  • Le banche centrali potrebbero essere finalmente costrette ad effettuare la famigerata «svolta» se le attuali condizioni di vulnerabilità dovessero minacciare la stabilità delle istituzioni e dei mercati finanziari.
Nel report precedente avevamo ampiamente discusso 1) di come il rischio di recessione fosse aumentato in modo significativo dato che la Fed aveva ribadito la sua posizione di indurne una per far scendere l’inflazione, 2) di come i multipli di mercato (in particolare il Nasdaq) non fossero scesi a sufficienza alla luce dell’impennata dei tassi reali e dell’aumento del rischio di recessione e, soprattutto, 3) di come il piano fiscale del nuovo governo Truss avesse provocato profondi scossoni sui mercati. Vulnerabilità e movimenti disordinati di ingente portata si diffondono solitamente come onde d’urto e manifestano pienamente i loro effetti nelle settimane e nei mesi successivi al loro verificarsi. Una delle mine sopra menzionate è quasi esplosa e altre ne sono apparse dalla stesura dello scorso report. Cominciamo con la catastrofe evitata. Oltre a non essere finanziato (per quanto si sappia), il piano fiscale britannico è altamente espansivo e quindi inflazionistico. Dato che l’inflazione nel Regno Unito è già ai massimi livelli degli ultimi 40 anni, è stato come gettare benzina sul fuoco. Di conseguenza, gli investitori hanno continuato a vendere i Gilt britannici, in particolare le obbligazioni indicizzate all’inflazione e quelle con le scadenze più lunghe, innescando ribassi senza precedenti. I fondi pensione britannici sono stati i più colpiti, in quanto acquistano le scadenze più lunghe, anche attraverso strumenti che possono innescare richieste di margini (i cosiddetti fondi d’investimento liability-driven, che sono in gran parte a leva e spesso utilizzano i gilt come garanzia). Con il crollo del prezzo dei gilt, i fondi pensione hanno iniziato a ricevere richieste di margini e per farvi fronte hanno raccolto liquidità vendendo gilt e altri titoli, facendo schizzare i prezzi.
Fonte: Bloomberg
Fonte: Bloomberg

Il 29 settembre, la BoE è intervenuta scatenando un programma di acquisto di obbligazioni per 65 miliardi di sterline per sostenere i prezzi dei gilt a lunga scadenza, al fine di evitare il fallimento dei fondi pensione che, secondo le stime, avrebbero dovuto far fronte a richieste di margini fino a 100 miliardi di sterline.

Il programma è riuscito a provocare una breve inversione di tendenza per le obbligazioni lunghe, ma ci sono molte incognite su ciò che accadrà una volta che la BoE interromperà gli acquisti questo venerdì.

I tassi a 30 anni, che erano scesi dal 5,1% al 3,6%, sono già risaliti al 4,7% al momento della stesura di questo report. Inoltre, su gran parte della curva, oggi il Regno Unito paga tassi più alti della Grecia e il Cancelliere del tesoro Kwasi Kwarteng è andato a rassicurare il Fondo Monetario Internazionale, dato che questo è di solito più comune per i paesi emergenti. Vedremo cosa succederà la prossima settimana dopo la fine del programma.

Anche se i fondi pensione britannici rischiano il collasso, il resto dei fondi pensione del mondo non è in gran forma quest’anno, non solo a causa del calo combinato di azioni e obbligazioni, ma anche e soprattutto a causa delle pesanti perdite subite nelle parti più lunghe delle curve. Affamati da diversi anni di tassi a zero o sotto zero, i fondi pensione hanno aumentato il rischio di credito ampliando la quota di debito high yield ed emergente (laddove consentito dalle restrizioni della politica di investimento) o investito in durate sempre più lunghe.

I debitori, in particolare i governi, hanno sfruttato il desiderio di scadenze lunghe offrendo obbligazioni a 50 e 100 anni. Il problema è che, a partire da tassi estremamente bassi, tali scadenze lunghe comportano perdite esorbitanti quando i tassi aumentano. Si consideri l’obbligazione austriaca a 100 anni con scadenza 2120, il cui prezzo è sceso dal record di 140 alla fine del 2020 a 40 oggi. Perdere cento centesimi di dollaro equivale a perdere il capitale. Il già citato bond britannico a 50 anni indicizzato all’inflazione ha perso il 90% in poco più di un anno.

Naturalmente si tratta di casi estremi, e il portafoglio fixed invcome dei fondi pensione sta perdendo in aggregato molto meno di quanto mostrino i due esempi citati. Ad oggi la situazione è sostenibile, ma bisogna anche tenere presente che i tassi di interesse a lungo termine sono ancora ben al di sotto dei livelli medi storici, con le banche centrali pienamente impegnate a contenere l’inflazione. Se i tassi a lungo termine dovessero normalizzarsi ulteriormente, la situazione per i fondi pensione potrebbe complicarsi.

Fonte: Bloomberg
Fonte: Bloomberg

Alla fine del trimestre è inoltre emerso un altro problema che non si vedeva dai tempi della Grande Crisi Finanziaria del 2008.

In seguito al forte aumento dei CDS, il nuovo CEO di Credit Suisse ha scritto per la seconda volta in altrettante settimane una lettera ai dipendenti per placare le loro preoccupazioni sulla salute della banca.

Sfortunatamente, ciò ha ricordato agli investitori le numerose rassicurazioni fornite dal management di Bear Sterns e Lehman Brothers prima del fallimento delle due banche.

Fonte: Bloomberg
Fonte: Bloomberg

L’intenzione, pur buona, si è ritorta contro e i CDS del Credit Suisse sono passati da 250 a quasi 380, superando il record di 267 del 2009. All’epoca, l’intero settore finanziario era sotto stress e i CDS di tutte le istituzioni finanziarie erano scambiati a livelli record a causa del rischio sistemico. Oggi non c’è alcun rischio sistemico, quindi l’impennata dei CDS a livelli molto più alti di quelli del 2009 ha spaventato gli investitori.

Ciò ha portato a un evento inaspettato. Diverse testate giornalistiche hanno riportato che il rally dei primi due giorni di ottobre è stato guidato dai titoli più shortati, con l’indice Goldman Sachs Most Short in aumento del 10%. In seguito è stato rivelato che nei primi giorni del mese molti istituti che si affidavano a Credit Suisse per l’attività di prestito titoli hanno improvvisamente richiesto il ritiro dei titoli in prestito per evitare il rischio di mantenere un saldo attivo con CS. Date le dimensioni di CS, il numero di titoli richiamati è stato sufficiente a spiegare almeno in parte l’enorme rimbalzo della scorsa settimana. Infatti, una volta completato il ritiro dei titoli, il mercato ha ripreso a scendere, ritracciando l’intero rimbalzo.

Un’altra minaccia che si profila all’orizzonte è il rimbalzo dei prezzi delle materie prime. Ad eccezione del petrolio, molte materie prime sono recentemente scese al di sotto dei livelli prebellici, raggiungendo in alcuni casi prezzi che erano comuni 3-5 anni fa. In un contesto inflazionistico con costi di estrazione e di lavoro in aumento, è difficile immaginare che le materie prime scendano significativamente dai recenti minimi.

Questo è particolarmente vero per il petrolio, considerando che il secondo produttore mondiale, la Russia, è sotto sanzioni. Inoltre, negli scorsi sei mesi l’amministrazione Biden ha rilasciato 1 milione di barili al giorno di petrolio dalle sue riserve strategiche fino alla fine di settembre.

In più, la decisione dell’OPEC di tagliare la produzione di 2 milioni di barili al giorno ha portato a una riduzione dell’offerta aggregata di 3 milioni di barili al giorno in pochi giorni, contribuendo a un’impennata dei prezzi del petrolio di oltre il 20% dai minimi estivi.

Fonte: BofA Global Research
Fonte: Bloomberg

Ciò si è riflesso anche sui prezzi della benzina, con i prezzi dei futures che hanno registrato un rimbalzo di oltre il 20% e che normalmente si riflettono sui prezzi alla pompa. Il prezzo della benzina alla pompa è già salito di circa il 6% dai minimi di metà settembre, ma si prevede un ulteriore aumento in futuro, visto il movimento.

Mentre il tasso d’inflazione di settembre continuerà a beneficiare della recente correzione dei prezzi delle materie prime, il recente rimbalzo dei prezzi del petrolio e della benzina si rifletterà nel numero del CPI di ottobre, che sarà pubblicato a novembre.

Di conseguenza, dopo la pubblicazione del CPI di questo giovedì, che potrebbe essere abbastanza benigna (intorno o leggermente al di sotto dell’8%), l’inflazione di novembre potrebbe accelerare nuovamente verso l’alto, trainata sia dalla componente core che da quella volatile degli alimenti e dell’energia. In tal caso, il mercato potrebbe reagire negativamente, temendo che la Fed diventi ancora più aggressiva.

Ma se ci sono tutte queste minacce, perché essere ottimisti come suggerisce il titolo?

Le banche centrali hanno imparato una lezione fondamentale dal 2008: la salvaguardia della solvibilità delle istituzioni finanziarie, il corretto funzionamento dei mercati e la capacità del mercato di continuare a produrre prezzi trascendono qualsiasi altro mandato previsto dagli atti costitutivi delle banche centrali.

Quando un mercato non funziona correttamente o un sistema finanziario è sull’orlo del collasso, non è più possibile perseguire nessuno degli altri obiettivi, come la stabilità dei prezzi e/o la piena occupazione.

Soprattutto, il costo economico di una minaccia alla stabilità finanziaria è enorme.

Abbiamo visto due chiari esempi di recente, nel 2020 e pochi giorni fa. Nel 2020, le banche centrali hanno reagito con veemenza, iniettando una quantità di liquidità senza precedenti durante i primi giorni della pandemia, ricordando il 2008. La Banca d’Inghilterra ha fatto lo stesso pochi giorni fa: nonostante il Regno Unito stesse vivendo un’inflazione a due cifre, per evitare il collasso del suo sistema pensionistico (che a sua volta avrebbe portato al collasso del resto del sistema finanziario britannico e potenzialmente anche di quello globale), la Banca d’Inghilterra ha attuato quello che di fatto è un QE di emergenza, pur sapendo che il QE è una misura inflazionistica e quindi contraria all’obiettivo di stabilità dei prezzi della banca centrale.

È quindi possibile che se uno o più dei pericoli elencati in questo report o in quello precedente si concretizzino, si potrebbe assistere a un’ulteriore accelerazione della correzione del mercato. Tuttavia, se tale correzione dovesse minacciare la stabilità del sistema finanziario, le banche centrali e la Fed in primo luogo non esiteranno ad attuare misure di emergenza. In una situazione del genere, le banche centrali effettueranno la famigerata «svolta» che il mercato ha anticipato da tempo, indipendentemente dal superamento o meno dell’inflazione.

Partendo da livelli più bassi (senza ulteriori correzioni, un evento sistemico è improbabile), la svolta potrebbe segnare il minimo definitivo di questo mercato orso o un minimo importante da cui potrebbe scatenarsi un violento rimbalzo che durerebbe diverse settimane o mesi.

Asset Allocation View

Equity

Developed Markets

Emerging Markets

Fixed Income

Developed Markets Sovereign

Developed Markets Corporate

Emerging Markets

Commodities

Currencies

Segue commento

under

neutral

over

Equity

Developed Markets

View mantenuta in leggero sottopeso. Da un lato, ci sono diversi catalizzatori che possono avere un impatto negativo sui mercati azionari nel breve termine, come elaborato nel prologo, ma dall’altro, questi stessi catalizzatori e la conseguente correzione del mercato possono indurre le banche centrali ad intervenire per preservare la stabilità dei mercati finanziari, facendo quindi perno sulla loro posizione aggressiva. Inoltre, la tendenza al ribasso degli operatori di mercato sta aumentando in modo significativo, che è in genere un indicatore contrarian. La prossima stagione dei rendiconti dovrebbe anche far luce su quanto siano credibili le aspettative di crescita degli utili.

US

Europe

Japan

Emerging Markets

View mantenuta in leggero sottopeso. Le prospettive per i mercati azionari emergenti sono le stesse dei paesi sviluppati. Le valutazioni dei paesi in via di sviluppo sono molto più basse, ma i rischi geopolitici e l’inasprimento delle politiche monetarie nei paesi occidentali continuano a pesare sugli indici. In Brasile, il vantaggio di Lula alle elezioni è stato molto inferiore al previsto. Una vittoria di Lula comporterebbe quasi sicuramente un ritracciamento, mentre la conferma di Bolsonaro comporterebbe quasi sicuramente il proseguimento dell’attuale fase rialzista.

Asia Ex-Japan

EEMEA

LATAM

Fixed Income

Developed Markets Sovereign

View mantenuta in leggero sottopeso. Da un lato, continuiamo a considerare l’estremità molto breve della curva (scadenza fino a 6 mesi) come il luogo più sicuro per parcheggiare i risparmi. Sebbene vi sia spazio per un ulteriore aumento dei tassi da questi livelli, riteniamo che il picco di aggressività delle banche centrali sarà raggiunto entro poche settimane (o mesi, nel peggiore dei casi). In termini di titoli, i Treasury statunitensi ai livelli attuali potrebbero essere nuovamente attraenti per fornire una copertura se i mercati azionari dovessero correggere in modo significativo. L’Europa è la regione che è più in ritardo nel processo di normalizzazione dei tassi, quindi continuiamo ad adottare un approccio prudente in quella zona.

EU Core

EU Periphery

US Treasury

Japanese JGB

Developed Markets Corporate

View mantenuta in leggero sovrappeso. Tra le obbligazioni societarie, le obbligazioni investment grade e in particolare le obbligazioni ibride europee continuano ad offrire le migliori opportunità, anche se si verifica un rallentamento economico e/o le banche centrali attuano politiche monetarie più restrittive. Per contro, si consiglia ancora cautela sui titoli high yield, che potrebbero avere ancora ribassi con l’aumento delle probabilità di una recessione globale viste le politiche monetarie sempre più restrittive.

IG Europe

IG US

HY Europe

HY US

Emerging Markets

View mantenuta neutrale. Sebbene le obbligazioni dei mercati in via di sviluppo potrebbero rimanere sotto pressione a causa dei continui rialzi dei tassi di interesse da parte delle banche centrali occidentali o nell’eventualità sempre più probabile di un rallentamento economico globale, l’enorme correzione che ha colpito l’asset class negli ultimi mesi dovrebbe garantire un ribasso più contenuto rispetto alle obbligazioni dei mercati sviluppati. Continuiamo a preferire le obbligazioni in valuta locale.

Local Currency

Hard Currency IG

Hard Currency HY

Commodities

View ridotta a leggero sottopeso. Non essendo in grado di generare flussi di cassa, i metalli preziosi devono far fronte alla crescente concorrenza dei titoli di Stato, soprattutto con l’aumento dei tassi di interesse ufficiali. Sebbene le intenzioni dichiarate della Fed siano di creare un rallentamento al fine di ridurre l’inflazione, è possibile che le materie prime energetiche rimangano relativamente più forti di altre, data la fine del rilascio da parte degli Stati Uniti di riserve petrolifere strategiche e la produzione OPEC+ superiore alle attese tagliare.

Precious

Energy

Industrial

Agricultural

Currencies

Dollaro USA: view mantenuta neutrale, ma con un orientamento rialzista. Le diverse minacce alla stabilità finanziaria discusse nel prologo possono causare un aumento dell’avversione al rischio, la domanda di beni rifugio e richieste di margini. In un tale contesto, il dollaro dovrebbe continuare a rimanere forte.

Euro: view neutrale, ma con un orientamento ribassista. L’Europa continua a rimanere il luogo più colpito dalla crisi energetica, i cui impatti sull’economia reale sono ancora difficili da stimare. In attesa di maggiore chiarezza, è possibile che la propensione alla moneta unica rimanga contenuta.

Renminbi cinese: view mantenuta neutrale con orientamento ribassista. L’imprevedibilità delle decisioni del governo, il crollo senza fine del settore immobiliare, la posizione provocatoria degli Stati Uniti sullo status di Taiwan e il nuovo divieto di spedizione di apparecchiature chip avanzate in Cina dovrebbero continuare a pesare sul Renminbi.

Valute emergenti: view mantenuta neutrale, ma con un orientamento ribassista in vista di un possibile rallentamento globale dovuto alle politiche monetarie restrittive attuate dalle banche centrali occidentali.

 

Euro

USD

CNY

Other EM

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